lunedì, gennaio 28, 2013

Quando i guru urlano al mondo... la loro ignoranza!


I Guru hanno spesso come modello una via di messo tra Savonarola e Bartali: "Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare!".

Criticare è certo più facile che costruire, spesso può essere utile, ma altrettanto spesso diventa assolutamente inutile sulla bocca di qualcuno che è diventato Guru senza a vere nemmeno lontanamente sfiorato la possibilità di fare cose simili a quelle che critica.

Se c'è qualcuno che non si tira indietro quando c'è da criticare qualche cosa sono io, ma ho il vizio di tentare di limitarmi a cosa che conosco, che ho fatto o che sto facendo.  Mi permetto di criticare, per esempio, spesso il sito delle Ferrovie dello stato perché mi occupo da decenni di ergonomia delle pagine ed ho progettato siti anche più grossi come quelli di alcune banche.

Questo inizio d'anno il Minitero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha messo in linea il sito con il servizio attraverso il quale iscrivere i propri figli alle scuole, una iniziativa certamente da applaudire senza riserve.

Il sito non è un esempio di buon design, il link per raggiungere la procedura è troppo simile a un banner e da luogo a fenomeni di "cecità ai banner", la grafica è vecchiotta, la gestione dei menù un po' bizzarra, ma va detto che nell'insieme ha una sua correttezza formale.

All'inizio del mese, al lancio del sito, il sistema è spesso caduto.  Il fatto che ci siano problemi in un sito nuovo è abbastanza normale, certo un buon test li deve ridurre al minimo e vanno messi a posto in fretta, ma qui il problema è stato diverso: il sito cadeva per banali problemi di traffico eccessivo.

Cosa è successo?

Quando si lancia qualche cosa di nuovo c'è l'effetto novità e la gente entra, spesso anche gente che non ha nessuno da iscrivere a scuola, per vedere come è fatto.  Qui probabilmente si è aggiunto il fatto che molti non hanno capito che c'era tempo fino alla fine di febbraio e sopratutto non hanno capito che, al fine di essere accettati nella scuola, arrivare per primi o per ultimi nella iscrizione non conta nulla.

Ebbene invece di tuonare inutilmente al #FAIL forse i Guru avrebbero dovuto considerare che i sistemi vengono progettati non sulla base del traffico teoricamente possibile, ma sulla base del traffico previsto.  Se tutti i cittadini di Milano alzassero il telefono insieme e componessero un numero la stragrande maggioranza di loro riceverebbe un segnale di occupato, se tutti decidessero di andare in metrò nello stesso istante le code alle scale raggiungerebbero immediatamente la fermata precedente.

Criticando anche cose che funzionano si ottiene l'effetto "tanto non funziona niente" che è stupido e deleterio.

Certo se i Guru di casa nostra imparassero a parlare di concetti che vagamente maneggiano e quando proprio vogliono improvvidamente avventurarsi al di fuori di questo inevitabilmente limitato ambito prendessero la abitudine di chiedere tutto sarebbe molto più logico.

...ma si sa, il Guru sa tutto per diretto intervento divino!


domenica, gennaio 20, 2013

Facebook non è adatto per nulla che sia "mission critical"?

Di norma chiedo molto poco l'amicizia su FB, certo mi capita di chiederla a persone che ho conosciuto o che conosco nella vita reale e mi capita di chiederla ad amici di amici che scrivono qualche cosa di gradevole e interessante su un thread che seguo.

Qualche mese fa ho ricevuto una comunicazione che mi invitava a non chiedere troppo spesso amicizia a qualcuno, ho pensato a un errore e non me ne sono curato.

Qualche giorno fa ho ricevuto il messaggio che vedete qui sopra che mi ha sorpreso non poco: non posso richiedere amicizie per 7 giorni, e fin qui poco male, ma quello che colpisce è il motivo: avrei violato la regola che permette di chiedere l'amicizia solo a chi si conosce nel mondo reale!

Ho raccontato la cosa su FB e si è aperto un vaso di Pandora: un sacco di gente ha avuto problemi analoghi, ben più gravi dei miei.

Catepol che usa FB per gestire attività legate alla sua professione di insegnante mi dice che viene bloccata piuttosto spesso.

Salvatore Aranzulla, anche lui molto attivo, è bloccato per 30 gg.  Ha subito un interrogatorio dove gli si chiedeva di riconoscere i suoi amici:


Dopo avere risposto correttamente è stato comunque bloccato e in questi giorni praticamente può solo andare in chat (ho cancellato io i visi perché non sapevo se avrebbe fatto loro piacere l'ultima foto)

Tra l'altro l'ultima videata ha una immagine sbagliata perché Pasteris è un mio amico e giuro che non è lui nella foto centrale, ma del resto con il folle sistema di TAG che permette a chiunque di taggare qualsiasi cosa a caso questi errori sono inevitabili.

Non sono che due tra le moltissime segnalazioni che ho ricevuto.

Credo che la cosa si presti a qualche considerazione.

Innanzitutto va detto che FB è liberissimo di fare quello che vuole, si tratta di un servizio gratuito e di conseguenza lo può negare a chiunque senza nemmeno dover fornire spiegazioni.  Noi dobbiamo però considerare questi problemi sopratutto quando se ne fa un uso professionale.

Qualche tempo fa MCC proponeva una fuga da Facebook, ho letto il libro che parte da considerazioni solo parzialmente condivisibili, ma, alla luce di quanto ci può succedere, credo che abbia la sua parte di regione, non ovviamente nel senso di abbandonare FB, ma nel senso di stare molto attenti a quello che ci facciamo.

NIENTE di mission critical dovrebbe essere basato solo su FB: immaginate cosa vuole dire organizzare un evento su FB e poi vedersi l'account bloccato anche solo per pochi giorni, ma a cavalo dell'evento...

Un'ultima considerazione: Facebook si basa tutto su una colossale menzogna!

Tutti sanno che il valore è anche quello di conoscere nuove persone contattando gli amici degli amici, certamente lo sanno benissimo in FB e ne sono contenti, ma poi dicono che è vietato è ogni tanto si svegliano e puniscono chi lo fa.

Se tutti noi cancellassimo tra gli amici quelli che non conosciamo personalmente Facebook imploderebbe e la sua idea di un motore di ricerca, che già a me poco convince, se applicata solo a cerchie di amici fisici sarebbe una cosa assolutamente inutile!




giovedì, gennaio 10, 2013

Attenzione al design e alla usabilità...


 Sono sempre alla ricerca di esempi di inusabilità per i miei studenti perché sono sempre più convinto che la sensibilità alla usabilità si sviluppi provando e studiando oggetti poco usabili.

Un amico mi ha segnalato la parte del sito IKEA che offre accesso alle specialità culinarie (ottime) che offre nelle caffetterie dei suoi grandi magazzini.

La pagina è effettivamente imbarazzante!

A parte i tempi di caricamento biblici tutta la struttura dell'accesso è poco intuitiva.  Una fila di radio button, disegnati come fossero check box, ma che funzionano come radio button.  Apro la finestra per scegliere un prodotto e metterlo nel carrello, lo scelgo e la finestra non si chiude fino a che non premo un altro tasto che, misteriosamente, è grigio e sembra inattivo.  Per trovare i tasti per scegliere e chiudere devo scendere sotto la piega, scelgo e la pagina si riposiziona in testa e per chiudere devo andare a cercare un bottone che a questo punto è sparito!  Cosa diavolo potrebbe fare uno dopo avere scelto un prodotto se non chiuderlo?  Misteri della mente dei programmatori!

Esiste la possibilità di accumulare prodotti in un carrello per avere una valutazione del costo e interessantissime informazioni sulle calorie e le principali componenti alimentari del pasto scelto.  Il tasto per aprire il vassoio inspiegabilmente continua ad aprire vassoio già aperto, per chiuderlo bisogna andare in fondo a cercare il bottone di chiusura, anche qui misteriosamente grigio come fosse inattivo.

Non ci vuole molta malizia per capire che qui il modo giusto sarebbe trasformare a vassoio aperto il bottone di apertura in bottone di chiusura!

E' evidente che qui il problema della usabilità non è stato nemmeno preso in considerazione ed è un peccato perché si tratta di una fase progettuale che con un costo molto contenuto può fare una grandissima differenza!

Preparandomi il vassoio ho scelto ovviamente il salmone affumicato e il sistema mi dice che non ha ne calorie ne grassi: fantastico!

Poi ho scelto le patatine fritte e ho cominciato a pensare che oltre che problemi di usabilità c'è qualche problema di test del sito...

mercoledì, gennaio 09, 2013

Della bicicletta e della limousine...


E' da un po' che girano pubblicità che promettono siti a prezzi stracciati o addirittura gratuiti.  Ogni tanto un cliente le vede in televisione e ti chiede come mai tu ti fai pagare e spesso non poco.

Allora devi spiegare che se da casa tua vuoi andare dall'altra parte della città ci puoi andare a piedi,  in bicicletta, usare i mezzi pubblici, in taxi, noleggiare una automobile, prendere una limousine con autista e magari escort incorporata, usare un autotreno...

Ogni mattina la città è attraversata da questi mezzi, tutti servono e c'è posto per tutti perché fanno cose molto diverse con modalità e costi diversi e ognuno decide in base alle proprie esigenze.

Se si deve realizzare un sito il problema è esattamente lo stesso!

Una salumeria che vuole tre paginette per essere in rete ha esigenze, e disponibilità economiche, diverse da una banca che vuole offrire servizi di home banking.

C'è posto dunque per tutti, a patto che si dica esattamente quello che si può ottenere con gli strumenti e i prezzi offerti altrimenti si rischia di noleggiare una bicicletta a un cliente che pensa di poterci trasportare un container!

Questa mattina sono incappato (nella immagine di testa) in una offerta su facebook, ho postato un "ANY KIND?  Please be serious"  e la prima risposta è stata "Well roberto it would have to be legal, but yes".  Non ho capito bene cosa voglia dire, ma ho intuito un certo nervosismo.

Poi mi hanno risposto che con "any kind" intendono che io posso fare sia il sito di un professionista che quello di un matrimonio: non metto in dubbio la buona fede, ma mi pare una interpretazione a dire poco riduttiva.  Se qualcuno è interessato a tutto il thread lo trova qui.

Mi dicono anche che posso usare il loro sistema e poi mettere quello che mi serve di speciale in un iFrame: cosa sostanzialmente vera, ma a quel punto o me lo faccio o pago qualcuno per farlo e l'iFrame mi da una serie di limitazioni non da poco sopratutto nella sua interazione con il resto del sito.

Intendiamoci a una prima occhiata la offerta WIX sembra molto bella e concreta, ma certamente si capisce che non si può fare qualsiasi sito gratis, tanto è vero che anche loro hanno una offerta ricca di moduli a pagamento come per esempio l'eCommerce.

Io credo che queste offerte dovrebbero dichiarare bene quello che offrono: si tratta di content manager spesso, come in questo caso, molto belli e molto ricchi nei quali è possibile scegliere un template tra i numerosi proposti, personalizzarlo e riempirlo.   Per alcune applicazioni la cosa va benissimo, per altre non ha senso e bisogna per forza ricorrere a ben più complesse e costose architetture.

C'è posto per tutti e una maggior chiarezza potrebbe fare bene a tutti.

martedì, gennaio 08, 2013

Colpevole di (mancato) omicidio?


Nel 1870 Johannes Ulrich Höpli, svizzero che aveva girato mezzo mondo lavorando sempre nel mondo del libro comperò in Galleria de Cristoforis a Milano la piccola libreria di Thedor Laengner, sulla destra venendo da san Babila poco prima della chiesa di San carlo al Corso.  Fu un immediato successo anche grazie alla lungimiranza di Ulrico Hoepli (il fascismo ne italianizzò il nome) che prese subito contatto con l'Istituto Tecnico Superiore che sarebbe diventato il Politecnico di Milano e ne pubblicò i volumi.


Il più noto il mitico Manuale dell'Ingegnere del professor Giuseppe Colombo, amico intimo di Ulrico.

A questa libreria sono legato per più di un motivo.  Uno è sentimentale: ho il ricordo vivido del racconto di un episodio della vita di mio padre che durante la guerra era studente del politecnico.  La sede di Hoepli venne bombardata (e infatti adesso si trova non lontano nella via che prese il nome dal fondatore della libreria) ed era sfollata non ricordo se a Sant'Angelo o a San Colombano.  Mio padre la raggiunse in bicicletta per comperare dei libri, i commessi di fronte a quel pazzo che nel bel mezzo di una guerra faceva decine di chilometri per dei libri si impietosirono e non gli fecero pagare nulla!

Per anni mi sono servito dal signor Barlassina che nello scantinato gestiva i libri tecnici, poi la sezione, ingranditasi per l'avvento della informatica, si spostò al terzo e al quarto piano e il figlio di Barlassina diede il cambio al padre, mi ha consigliato moltissimi libri, si è stupito spesso del fatto che cercassi libri sempre molto strani e si è creata tra noi una sorta di amicizia che dura anche adesso.

In questi giorni qualche articolo di giornale,  qualche trasmissione televisiva accomunando le notizie di chiusura di qualche libreria cittadina a quelle sui problemi congiunturali della Hoepli hanno fatto nascere l'idea che la storica libreria potrebbe chiudere.

In realtà fonti solitamente bene informate mi dicono che non è vero che chiuderà, almeno per ora, sta solo ristrutturando le sue attività per fare fronte al momento difficile che ha in questo caso due cause concorrenti.

Da un lato a crisi che genericamente inevitabilmente contrae gli acquisti, dall'altro la concorrenza dei libri digitali.

Della crisi no, non sono colpevole, ma della contrazione delle vendite di carta ebbene si mi dichiaro colpevole e mi affido alla clemenza della Corte!

Sono quello che in USA si chiama un gadgeteer, le tecnologie mi hanno sempre affascinato e sono pieno di oggetti e soluzioni tecnologiche.  Già molti anni or sono si cominciò a parlare di qualche cosa che poi si sarebbe chiamato eBook, ma la lettura su PC era estremamente scomoda e gli strumenti specifici molto primitivi.


Poi incontrai Kindle!

Comperai il primo e appena lo accesi mi resi conto di trovarmi di fronte a qualche cosa di diverso.  La maneggevolezza dell'oggetto unita alla altissima leggibilità dello schermo rendevano l'esperienza utente eccezionale, dopo averlo letto sul terrazzo in pieno sole capii che non ne ne sarei mai separato.

Quando poi mi accorsi del fatto che era sempre collegato alla rete e che avrei potuto comperare libri e ricevere giornali ogni giorno in ogni parte del pianeta il tutto si trasformò in vero amore!

Poi caricai la applicazione sul PC e la uso per catturare immagini dai libri per le mie lezioni, su iPad che uso quando sono al buio e su iPhone in modo da poter continuare a leggere un libro al ristorante tra una portata e l'altra e io mangio ahimè più al ristorante da solo che a casa.   E inoltre i libri sui tre device sono sincronizzati in modo automatico...

Ho cominciato con i manuali di lavoro, un giorno bloccato dalla neve all'aeroporto di Monaco scaricai un romanzo di Zola e immediatamente mi accorsi che la lettura su eBook se per i manuali è buona per i romanzi è perfetta.

Amo leggere il francese e l'inglese in lingua originale e avere sotto mano il dizionario anche seduto a diecimila metri nella cabina di un aeroplano è un'altro sogno.

In realtà l'uso mi ha fatto invertire il giudizio: i romanzi e la saggistica solo su eBook, i manuali preferisco averli su entrambi i supporti perché quando devi davvero studiare la carta è un po' meglio mentre per la consultazione vince a mani basse il formato elettronico.

La mia casa è piena di libri, ma di fatto ho praticamente smesso di comperarli, sono passato da un centinaio all'anno su carta a tre o quattro manuali fondamentali su carta e tutto il resto in formato digitale.

Ogni tanto sento parlare della mistica della carta, del suo odore, del piacere al tatto: per saturare questa valenza continuerà certamente a comperare libri vecchi sulle bancarelle, ma il libro è uno strumento e gli strumenti vanno scelti per l'uso che se ne vuole fare e per la loro capacità di servire allo scopo, non vanno amati!

Devo dire che tutte le volte che ho sentito qualcuno dire che la lettura su eBook non è piacevole era un poco come il sushi che non piace a un sacco di gente, che non lo ha mai provato!

Ultima delle comuni obiezioni: "Comperando in rete mi mancano i consigli del libraio".  Anche questa affermazione è però abbastanza discutibile.  Oramai le librerie dovesi trovi qualcuno di veramente competente sono pochissimi, Hoepli è, va detto, una di queste.  In rete è vero che non c'è un contatto diretto con qualcuno, ma esistono meccanismo oggi molto sofisticati per scambiare idee sui libri che si stanno scegliendo con utenti in ogni parte del pianeta, e scusate se è poco.

Francamente credo che i libri su carta diminuiranno e l'uso del digitale aumenterà, molte librerie chiuderanno e si specializzeranno, è il cammino inevitabile che vecchie tecnologie finiscono per percorrere quando una alternativa migliore appare.

Spesso si dice che le nuove tecnologie non sostituiscono le precedenti, ma si affiancano.

L'affermazione è affascinante, ma non vera!

Il cambio di tecnologie è molto lento, ma in molti casi la sostituzione avviene eccome.

Quanti di voi usano ancora una macchina per scrivere?



Quanti telegrammi in morse vengono inviati ogni giorno?  (1)



Quante carrozze a cavalli avete visto in giro per la città quando siete usciti di casa l'ultima volta?










(1) il primo gennaio del 1993 dopo aver resto servizio alle comunicazioni fino dal 1924 la Guardia costiera USA, ultimo tra gli enti che lo usavano, ha dichiarato il morse obsoleto ed ha sospeso l'ascolto radio delle realative trasmissioni.


domenica, gennaio 06, 2013

Tanto rumor per nulla...


Se ne parlava da giorni, più di 100.000 follower, migliaia di domande ed ecco che Monti appare su Twitter e la cosa viene rilanciata da giornali, radio e televisioni.

Il fenomeno mi era sembrato interessante e questa mattina ho cominciato a razzolare in rete per cercare una relazione sull'evento e ne ho trovata una molto ben fatta su Gilda35.

Devo dire che alla lettura sono rimasto a dire poco basito!

Dopo tanta pubblicità, tanti follower e più di duemila domande sapete a quante domande Monti ha risposto?

14, quattordici.

Leggendo le domande alle quali si è deciso di rispondere sembra proprio che si siano scelte le più asettiche e le meno pericolose, deliziosa quella di Paolo Iabichino che chiede un sorriso e lo ottiene.

Questa mattina facevo considerazioni sui social che questa uscita del nostro Primo Ministro sembrano proprio dare una bella conferma.

In realtà mi sembra ovvio che più che di un dialogo con i potenziali elettori si sia trattato di una furba trovata pubblicitaria per fare parlare della cosa i media tradizionali.

Social, i veri numeri.


Molto anni fa aiutai Atari a passare, sul mercato italiano, dai videogiochi ai personal che erano veramente molto belli ed innovativi.

In occasione del Comdex, credo del 1980, a Las Vegas ebbi la occasione di partecipare a una riunione interna dei distributori di mezzo mondo tenuta dalla dirigenza della Warner Brothers che aveva nel 1976 rilevato la azienda per la bella cifra di 32 milioni di dollari.

Una delle presentazioni venne fatta da una società di consulenza di marketing e mi è rimasta impressa tutta la vita ed è stato un grande aiuto per alcune delle mie scelte professionali.

In buona sostanza si evidenziava il problema di una società che vendesse film, video giochi e personal computer (usati allora prevalentemente per scopi ludici) di farsi concorrenza interna per accaparrarsi una risorsa limitata per definizione: il tempo libero dell'utente.

Il tempo è una strana bestia, una quarta dimensione che ha la caratteristica, almeno alle velocità alle quali viviamo sulla terra, di essere inarrestabile e di muoversi con velocità costante.

Pensavo a quella oramai lontana, ma sempre incisiva, conferenza ascoltando alla radio una serie di dichiarazioni fatte dai nostri politici in questa campagna elettorale che sembra sempre più in qualche modo legata ai social media.

I guru del social spesso sembrano pensare che grazie al meccanismo usato si possa entrare in contatto con un numero virtualmente infinito di soggetti, mettono in curriculum il numero di amici (e spesso non mettono cose importantissime come il titolo di studio) e sono spesso migliaia e migliaia e vantano contatti frequenti.  In realtà basta fare due conti per capire come si tratti di una panzana perché anche loro inevitabilmente vanno a cozzare contro il limite del loro tempo.  L'illusione è la stessa che potrebbe avere uno sprovveduto pensando che dopo avere imparati l'Hindi potrà atterrare a New Delhi e avere contatti con un miliardo e duecentomila persone.  In realtà le probabilità di conoscenza sono le stesse che avrebbero imparando il Finlandese ed atterrando in un paese da cinque milioni di persone perché comunque non avrà il tempo fisico di conoscerle e frequentarle tutte.

Pensiamo a una persona che abbia amici in Facebook e contatti su Twitter, immaginiamo che ci metta un minuto a pensare e a scrivere un post o un tweet e un minuto a leggere qualche cosa scritto da un altro, ragionarci e rispondere.

In un'ora di accesso esclusivo ai social potrà contattare al massimo 60 persone, meno perché la maggior parte delle interazioni sono ping pong di domande e risposte.

In realtà il tempo passato in rete è mediamente molto meno!


Questa interessante e recente statistica ci dice che in media l'utente passa sui social qualche cosa come sette ore la settimana.  Si tratta del mercato statunitense, probabilmente se ci mettiamo il resto del mondo il dato scenderebbe sia per la maggiore immaturità dei mercati, sia per la minore qualità in certe aree delle connessioni.

In realtà quello che ne esce è secondo me un fenomeno complesso dove pochissimi dedicano una larga parte del loro tempo al social, moltissimi si sono iscritti e praticamente non entrano mai e molti entrano ogni tanto così per vedere cosa succede, ma non mantengono quel dialogo costante che qualche volta qualcuno sembra immaginare.

Le dichiarazioni di Monti, tanto per fare un esempio, raggiungono alcune decine migliaia di persone direttamente sulla rete, con alcune migliaia si instaura un primitivo e quasi simbolico dialogo (un botta e risposta singolo non è certo un dialogo) e la stragrande maggioranza della platea dei potenziali elettori viene raggiunta solo quando il messaggio, per esempio Twitter, viene raccolto e ritrasmesso da giornali, radio e televisioni che restano il canale principale di comunicazione.

Qualche volta mi pareche i Guru della rete manchino della principale caratteristica di chi vuole fare previsioni sul futuro: la capacità di discernere tra quello che potrebbe accadere e quello che realmente accadrà.   Molto spesso sembrano addirittura non riconoscere nemmeno quello che sta già accadendo perché faticano a discernere la verità dai loro sogni.

sabato, gennaio 05, 2013

Il netbook è morto, lunga vita al netbook!

Con la fine del 2012 la produzione di Netbook sembra sia terminata.  Giornalisti e commentatori si sono sbizzarriti nelle considerazioni su un sostanziale flop di una tecnologia e sulla stupidaggine di chi ci aveva creduto.

Io non credo sia una analisi corretta!

L'idea di una macchina che si collega alla rete e che funziona solo se collegata alla rete è piuttosto datata, almeno per gli standard di questo nostro mondo.

Negli anni '90 vennero proposti i "Network computer", macchine senza disco che funzionavano solo se collegate alla rete.  Ricordo che usammo quelli della Sun per fare il prototipo di una filiale del Banco Ambrosiano Veneto con risultati più che soddisfacenti: nessuna installazione, se si rompeva in filiale ce ne era uno di riserva che bastava riattaccare alla rete e partiva da solo...

I Network computer furono una grande idea, ma, come spesso è successo nelle tecnologie, arrivarono troppo presto!  La rete era allora inaffidabile, le cadute erano relativamente frequenti e il fatto che le filiali funzionassero anche in mancanza della rete era un importante prerequisito di progetto.  In realtà il problema era anche allora molto sopravalutato, ma bastò per decretare l'insuccesso di quelle macchine che furono a mio modo di vedere però tra le responsabili di un vertiginoso calo del prezzo dei personal computer.

Una idea ottima uscita troppo presto in relazione alle tecnologie disponibile ed alla percezione delle stesse da parte di chi doveva decidere: come tutte le idee buone è risaltata fuori, la abbiamo chiamata "cloud computing".

Come troppo spesso succede guru e giornalisti che spesso non conoscono la storia delle tecnologie e spesso non sono capaci di guardare sotto il cofano hanno inneggiato ogni volta alla novità e segnalato la caduta come fosse irreversibile.

Negli anni ottanta avevo un pallino che avevo chiamato "browser in a box": l'idea era quella di una macchina che non facesse altro che supportare un browser collegandosi alla rete per fare tutto il resto.

Ci lavorammo, realizzammo il prototipo di uno sportello, parlai con HP per avere le macchine con un disco piccolissimo e molta memoria, ci arenammo non tanto sul software che funzionava bene, ma sul collegamento con le periferiche che per l'HTML di allora era piuttosto problematico e instabile.

Lasciammo perdere, ma oggi, con la affidabilità della rete che ha raggiunto livelli paragonabili a quelli della rete elettrica e con HTML5 che risolve moltissimi dei problemi di interfacciamento, un sistema completamente basato su "browser in a box" sarebbe possibile e molto vantaggioso.

Del resto stanno rispuntando anche oggetti molto simili ai "Network computer":  un esempio fra tutti Chromebox!



I Netbook hanno percorso più o meno la stessa strada.  L'esigenza viene da molto lontano, già nel 1979 si pensava a terminali di accesso veloce a dati e informazioni basati su schermo piatto e comandi touch, una cosa che suona molto simile ai Tablet di oggi tipo iPad o Android.


Già nel 1968 Alan Kay propose il concept di un oggetto straordinariamente simile ai tablet che abbiamo oggi nelle nostre mani, si chiamava Dynabook.
Costo enorme, difficoltà di collegamento e carenza di componenti tecnologicamente adeguate relegarono questa grande idea allo stato di concept.

I Netbook sono stati la prima risposta concreta a questa vecchia esigenza, per molti di noi sono stati strumenti di lavoro preziosi, poi Apple ha avuto la grande idea di recuperare le numerosissime esperienze Tablet del passato e, grazie a una buona progettazione e  a componenti mature, ha guadagnato il mercato e lo ha aperto anche ad altre proposte come quelle legate al mondo Android.

Molti di noi utilizzano iPad con tastiere Blue Thoot, da quando le ho comperate riesco a non portare il PC quando faccio viaggi di due o tre giorni: in buona sostanza abbiamo ricostituito un oggetto che ha tutte le caratteristiche di un Netbook.

Il Netbook, esattamente come il Network computer non è morto, l'idea vive nella sua evoluzione!  Se non fossero nati i Netbook probabilmente quell'iPad con il quale qualcuno legge questo pezzo non esisterebbe!

Le tecnologie hanno una evoluzione concatenata, le idee, le tecnologie e la loro applicazione si intersecano e per capire cosa sta succedendo è indispensabile cercare di comprendere e analizzare questi modelli complessi resistendo alla tentazione di ultrasemplificazione dei fenomeni che giornalisti e guru spesso sembrano, ahimè, amare tanto!

giovedì, gennaio 03, 2013

Dov'è la coda lunga?


Prediction is very difficult, especially about future!

Attribuita al premio Nobel per la fisica Niels Bohr è una frase certamente molto condivisibile: "Fare previsioni è una cosa molto difficile, specialmente se riguardino il futuro".

La storia delle tecnologie è piena di previsioni che, alla prova dei fatti, si sono rivelate errate perché troppo ottimistiche o perché non avevano considerato possibili cambi di paradigma.  Nella immagine la copertina di una popolare rivista che ipotizza aeroporti nel bel mezzo dell'oceano Atlantico per permettere viaggi aerei tra Europa e Americhe: pochi anni dopo Balbo con le sue crociere dimostrerà che non servivano improbabili aeroporto in mezzo all'acqua, ma aerei capaci di volare più a lungo.


Qualche anno fa la apparizione del volume di Chris Anderson "The long tail" venne salutata con unanime approvazione dai guru della rete di mezzo mondo.  Il libro vendette un numero impressionante di copie e tutti sembravano convinti che la predominanza sul mercato delle grandi organizzazioni sarebbe stata scalzata da piccoli venditori che, grazie alla rete, avrebbero potuto vendere qualsiasi cosa su qualsiasi mercato.

Ricordo un blogger, non so più chi fosse, che pubblicò un post dove raccontava di una lezione tenuta in una facoltà universitaria dove si era stupito perché nessuno sembrava avere letto questo libro.

Sulla coda lunga io sono stato sempre un po' tiepido perché la sensazione era che si facesse, come spesso succede, confusione tra cosa potrebbe accadere e il cosa davvero accadrà.

Ricordo uno dei pochissimi IAB forum ai quali partecipai dove Giulio Malgara fece in intervento dove diceva che la rete sarebbe stata utile per chi produceva cose molto speciali. Ne nacque una polemica, gli altri oratori sembravano convinti che la coda lunga avrebbe cancellato le organizzazioni che dominavano il mercato a vantaggio di tanti piccoli che, grazie alla rete, avrebbero potuto avvicinare il cliente direttamente. Ricordo che citò una società che produceva uno specialissimo vanghetto per la ricerca del tartufo, la questione divenne nota come la saga del vanghetto.

A distanza di cinque anni posso affermare senza timore di essere smentito che avevamo ragione noi!

La coda lunga c'è eccome, ma non ha minimamente influenzato le aziende che stanno nella testa e che sono ancora pochissime e ben radicate.  I libri, per esempio, in rete li comperiamo da Amazon e da pochi altri a meno che non si tratti di una pubblicazione molto speciale alla quale siamo interessati in dieci nel mondo e che si trova solo su un sito specifico e piccino in Australia (come il vanghetto).

Del resto, esattamente quello che succede nel mondo reale, noi comperiamo nei grandi negozi, spesso parte di grande catene, e deroghiamo per due motivi: andiamo al negozio sotto casa (concetto che in rete non esiste) o andiamo a cercare un negozietto perché offre qualche cosa di molto speciale per la quale vale la pena affrontare qualche scomodità.

Della coda lunga tanto amata da Chris e dai Guru della rete resta dunque una ottima descrizione di un fenomeno, ma tutta la parte che prevedeva grandi rivoluzioni è stata completamente smentita alla prova dei fatti.

Molti articoli sono apparsi per contestare le teorie di Chris, lui cosa ha fatto?  Come tutti i veri Guru si è limitato a non rispondere a nessuno!


mercoledì, gennaio 02, 2013

Il folle mito della startup...

Una delle parole magiche dei nostri tempi è "startup".

Cosa sia esattamente una startup non è ben chiaro, ci sono in giro diverse definizioni spesso un poco contraddittorie, ma nel comune sentire si tratta di società costituite da persone giovani per perseguire un business, spesso con l'aiuto di incubatori e di venture capital.

Ultimamente leggendo proposte di legge, propositi preelettorali e agende sembra che le startup siano la panacea di tutti i problemi economici e di occupazione e la soluzione di tutti i mali.

Io penso che sia una stupidaggine collettiva, se andiamo a vedere la storia delle oramai numerosissime startup nate nell'ultimo periodo intorno alla rete vediamo che quelle che hanno avuto veramente successo sono pochissime, sono quelle che hanno avuto una idea vincente e la capacità di portarla avanti.  La maggior parte delle startup hanno vivacchiato fino a che l'incubatore le ha aiutate e alla fine o sono miseramente scomparse o si sono trasformate in tiepide attività imprenditoriali di pura sopravvivenza.

Quelle che hanno avuto un vero successo sono pochissime.

In realtà secondo me mitizzare la startup non ha nessun senso, vanno spinte le idee buone e la loro corretta implementazione indipendentemente che si tratti di nuove imprese o di imprese consolidate che hanno tra l'altro maggiori probabilità di successo.  Una buona idea che sia portata avanti da quattro neolaureati o da IBM, Google o HP resta una buona idea, porta ricchezza e posti di lavoro comunque.

Qualche volta temo che tutto questo parlare di startup da parte dei politici sia molto legato all'idea che ci si è fatta che siano la soluzione alla ricerca del lavoro da parte dei giovani, giovani che votano e che si trascinano il voto speranzoso delle loro famiglie...

Qualche esperimento...