mercoledì, giugno 20, 2007

E-commerce in declino?

Qualche giorno fa un post di Downloadblog mi ha molto colpito: si riportavano sotto il titolo "E-commerce in declino?" quanto contenuto in un recente articolo della versione on-line del New York Times.

Credo che il tutto si presti a qualche considerazione.

Il concetto di declino

Un mercato in declino è un mercato che si contrae presentando anno su anno numeri decrescenti. Qui si è usato il termine "declino" per identificare un fatto assai diverso: i numeri ci dicono che il volume di affari del commercio elettronico nel suo insieme ha smesso di crescere del 25% (un quarto!) anno su anno, ma che confrontando il fatturato 2005 con il fatturato 2006 si trova un incremento solo del 20%.

Più che di declino io parlerei dell'avvicinarsi di una logica situazione di maturità. Dobbiamo tenere conto del fatto che ci troviamo comunque davanti a tassi di crescita che sarebbero considerati dalla stragrande maggioranza dei mercati assolutamente eccezionali. L'idea di guardare non alla velocità, ma alla accelerazione è un retaggio della bolla dal quale dovremmo guarire come, a mio modo di vedere, pericoloso retaggio della bolla speculativa è la tendenza a dare molto più importanza al fatturato che all'utile. Alla fine della fiera se non si vive nella chimera di fare traffico per essere comperati da qualcuno il vero senso delle cose è, alla fine, guadagnare del denaro che ripaghi degli investimenti!

Certo ci sono realtà come eBay che riportano, dopo annidi crescita vertiginosa, per la prima volta crescite percentuali con una sola cifra, ma anche qui credo si tratti di una fisiologica maturazione. Del resto per le imprese nate proponendo attività possibili solo in rete il modello di sviluppo non può che essere diverso da quello che ci serve per comprendere l'impatto della rete su realtà già presenti ed attive prima.

Modello misto

Le statistiche riportano anche una marcata tendenza ad un modello misto che preveda la rete non come unico ambiente dove effettuare gli acquisti, ma un insieme delle due cose, mondo fisico e mondo della rete usato per quello che la rete di fatto è: un potente strumento di comunicazione.

L'idea che per la grande maggioranza delle imprese dovesse valere un modello misto che vedesse convivere il mondo degli atomi ed il mondo dei bit non è per nulla nuova. Se vado a ricercare le slide delle presentazioni che facevo per convincere i clienti del Banco Ambroveneto, dove lavoravo nei primissima anni '90 come evangelista delle nuove tecnologie, ritrovo quello stesso concetto.

Siti di commercio di grandissimo successo come Expedia o Esselunga sono chiari esempi del modello che probabilmente diventerà nel futuro dominante.

L'enorme attenzione che il mondo della rete sta mettendo su quello che chiamiamo WEB 2.0 senza di fatto sapere bene cosa sia e quali ne siano i contorni rischia di farci perdere di vista la vera natura di canale di comunicazione della rete.

Quando avviene l'acquisto?

Nella valutazione del commercio elettronico si tende a considerare come fatturato la quantità di denaro mossa direttamente e solamente online, in realtà credo che sia opportuno un altro approccio alla valutazione del fenomeno.

L'acquisto di un bene avviene con una successione di fasi classiche:

1) ricerca del prodotto/servizio

2) decisione

3) pagamento e ritiro del bene

Ebbene la rete ha un impatto stravolgente sulle fasi 1 e 2 e nei fatti dovremmo considerare come fatturato di ecommerce anche quello dove la fase 3 avviene fuori dalla rete in modo tradizionale.

Eclatante il fenomeno Opentable che vede negli Stati Uniti settemila ristoranti accettare prenotazioni online: 2 milioni di prenotazioni al mese per le quali il ristorante paga un dollaro. In realtà dovremmo considerare come commercio elettronico non i due milioni di dollari pagati per la prenotazione, ma la intera cifra pagata dai clienti al ristorante!

Firma digitale: grande occasione perduta

Tutti sembrano essere convinti di una cosa: la adozione del commercio elettronico ed in particolare dei pagamento online è in parte dovuta alla mancanza di fiducia dei clienti che manifestano qualche perplessità nell'utilizzo della propria carta di credito online. Personalmente ritengo che qui la percezione del problema da parte dei più va oltre le sue dimensioni reali e credo che i benefici che ho nell'utilizzo online (in modo attento ed intelligente ovviamente) della mia carta di credito ripaghino il rischio che corro.

Esiste una tecnologia che viene purtroppo poco utilizzata perché considerata una barriera di ingresso: la firma digitale.

Se da un lato è verto che la adozione di questa tecnologia comporta una serie di problemi dovuti alla necessità, per ottenere in sistema di firma legalmente riconosciuto, di disporre di un lettore di smart card collegato alla macchina ed alla necessità di realizzare diverse versioni della applicazione di firma per i diversi sistemi operativi, dall'altro va considerato come si tratti della tecnologia che offre oggi la maggiore sicurezza in termini di codifica (rende impossibile la lettura del messaggio), di reciproco riconoscimento delle parti in modo certo e di non ripudiabilità della transazione. Da anni la firma digitale è riconosciuta dal nostro ordinamento come firma a tutti gli affetti con pieno valore legale e opponibile in giudizio.

Se lo Stato che mi fornisce degli strumenti che mi permettono di essere riconosciuto nel mondo degli atomi (carta di identità e passaporto) mi fornisse anche un certificato di firma digitale sarei riconoscibile anche nel mondo dei bit in modo persino più certo in quanto la falsificazione di un certificato è una operazione molto più complessa di quanto non lo sia la falsificazione di un passaporto. Aggiungere nel progetto di ogni PC un lettore di smart card sarebbe operazione semplice e dal costo irrilevante e a quel punto sarebbero possibili transazioni online sicure come e più di quanto non lo siano le transazioni in un negozio fatto di calce e mattoni!

In alternativa la firma potrebbe essere probabilmente messa nei nuovi passaporti, che dispongono di chip RFID e nelle nuove carte di identità che aspettiamo oramai da decenni tra continue promesse e smentite.

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