mercoledì, ottobre 10, 2007

Blogger tra neocalvinismo e disarmante ingenuità...

Un post di Mafe su Maestrini per caso ha riscaldato la discussione di qualche mese fa sulla necessità o meno si un codice etico per i blogger. Quello che penso in proposito lo ho detto ha suo tempo e lo ho ripetuto qui, ma la lettura dei commenti e delle reazioni dei blogger mi da l'occasione per qualche considerazione che voglio condividere con voi.

Sembra che molti blogger italiani siano convinti che vendere il proprio blog, nel senso di essere in qualche modo pagati per scriverlo, sia assolutamente disdicevole, Maurizio lo definisce addirittura meretricio. Lasciando perdere il fatto che se c'è una transazione commerciale nella quale le cose sono chiare e lineari è proprio quella e che la posizione mi sembra fastidiosamente maschilista credo francamente che la cosa non abbia un gran senso.

Il confine tra comportamento etico e non etico non è certo il farsi pagare o meno, ma solo farsi influenzare dal denaro che si riceve e pubblicare concetti distorti o non corretti solo per assecondare chi ti paga. Io ho tenuto per anni il blog della rivista PCMagazine e mi accingo a ricominciare, pagato dall'editore, per farlo: il fatto che sia il blog di una rivista è chiaro a tutti come è chiaro a tutti che una rivista è una attività commerciale ragione per cui non vedo cosa ci sia di male se ricevo un compenso per il mio lavoro.

Francamente la repulsione che qualche blogger prova all'idea di essere pagato mi ricorda il film Proposta indecente dove uno smagliante Robert Redford dei tempi migliori offre un milione di dollari a una affascinante Demi Moore solo perché passi una notte con lui.

Un commento di Orientalia4All sul mio post sulla inutilità di un codice etico mi ha fatto riflettere e mi ha sempre più convinto della assoluta inutilità di un simile documento. La nostra amica allarga il concetto di credibilità e di etica e afferma, molto giustamente, che a lei interessa il comportamento della persona nel suo insieme: un blogger bravissimo che poi tutte le sere picchia la moglie non è nel suo target. Di fatto ognuno di noi ha parametri diversi per valutare l'etica di una persona, il problema con il codice etico è che potrebbe non riportare tutti i parametri e che potrebbe non contenere qualche cosa di negativo o addirittura mentire.

In altre parole credere che un blogger pagato per farsi influenzare e presentare in modo occulto messaggi pubblicitari scriva nel suo codice etico per esempio "Sono pagato da Microsoft per scrivere che a quelli che usano Linux puzzano i piedi" è atteggiamento di disarmante candore!

Se introduciamo l'idea del codice etico dovremmo anche creare un organismo che lo controlli ed un giurì per dirimere le controversie. Follia...

bob

5 commenti:

  1. Dipende a che gioco si vuole giocare. La linea di confine (sicuramente sfumata) è quella tra il proporsi in un modo e in realtà essere e/o fare altro. Si, forse è un pò banale come concetto ma quello che mi lascia un pò basito non è tanto il fatto che esistano blog e blogger pagati (se lo dicono esplicitamente) ma quel clima di "tutti amici" (che ha prodotto la sindrome di gigantismo dei BarCamp), la spontaneità di facciata che spesso aleggia nella blogsfera. Ma non si può dire, è un tabù!
    In certi casi il non farsi pagare, il raccontare sul blog le proprie nevrosi quotidiane è una strategia di comunicazione molto più efficace che rende molto più complesso trovare il confine tra spontaneo e calcolato. Più che pagato si, pagato no quello che secondo me complica i giochi è che a volte anche il comportamento più "classico" da blogger disinteressato e logorroico, che semplicemente vuole comunicare può essere molto meno spontaneo di quello che sembra. Non ho una soluzione, e non si può ridurre una realtà complessa a questo solo punto di vista ma secondo me è su questo piano che si gioca una buona parte della credibilità dei blogger.

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  2. Come sai anch'io non credo al'utilità di un codice etico (anche perché c'è già, direi, si chiama buona educazione, saper stare al mondo, insomma, le regole della convivenza civile per cui se ti consiglio qualcosa e ci guadagno ti avviso).

    Il mio post non ha niente a che fare con un codice etico e nasce da un'esigenza specifica e personale (non a caso parto dal mio curriculum): l'aumento di contatti da potenziali clienti interessati a inserire nell'eventuale rapporto di consulenza un post sul nostro blog, post che abbiamo sempre fatto (e faremo) se siamo fieri del lavoro fatto e crediamo possa interessare qualcuno.

    Io non credo che "vendere il blog" sia disdicevole, semplicemente non voglio vendere il mio (come non venderei, per dire, la mia presenza a una cena).

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  3. D'accordissimo. Sul fatto che sarebbe una follia, soprattutto. Una follia tipicamente italiana, peraltro...

    f.

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  4. Devo rettificare altrimenti non si comprende il mio pensiero. Trovo disdicevole il "vendere" il proprio blog quando si ingannano i lettori, quando la comunicazione non è trasparente, quando si abusa di un ruolo e si crea deliberatamente confusione. Se vuoi continuare la discussione devi porre la mia frase in questo contesto. Il problema non è quello del codice etico tout court, ma di un modo, chiamalo disclaimer se vuoi, per prevenire i potenziali conflitti di interesse quando un blogger ha ruoli differenti.

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  5. l confine tra comportamento etico e non etico non è certo il farsi pagare o meno, ma solo farsi influenzare dal denaro che si riceve e pubblicare concetti distorti o non corretti solo per assecondare chi ti paga.

    Siamo d'accordo stiamo dicendo la stessa cosa.

    Il commento precedente anonimo era il mio.

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