lunedì, ottobre 05, 2009

E il barcamp tornò ad essere un convegno...



L'idea del Barcamp è un affascinante utopia di stampo populista-socialista: tutti parlano e il programma nasce dalla comunità dei partecipanti in  modo spontaneo e non preordinato. Se ci pensiamo bene ricordano un poco le assemblee studentesche della fine degli anni sessanta.

Come succede a molte idee affascinanti ha un problema: non funziona...

L'ipotesi di fare parlare tutti è da tempo sfumata, la maggior parte dei partecipanti si limitano, quando va bene, ad ascoltare qualche intervento, molti passano tutto il tempo a chiacchierare ed a fotografarsi tra di loro, lo spazio occupato in rete dalle fotografie compulsive è immensamente più grande di quello occupato dalle presentazioni.

Il programma che nasce dai foglietti gialli è affascinante, ma si rivela alla prova dei fatti un disastro anche perché moltissimi degli interventi non hanno nulla a che vedere con l'argomento del camp: tu vai a un camp che dichiara di trattare per esempio di un pacchetto software e inevitabilmente qualcuno parla del giornalismo on line, di venture capital o di qualche esperienza personale che ha a che vedere con la rete, ma nulla a che vedere con il pacchetto software di cui si parla.

In realtà il BarCamp nasce come reazione dei blogger ai FooCamp organizzati dall'editore O'Rilley: quelli sono su invito, i blogger hanno preso il format e lo hanno trasformato nelle unconference.  La differenza è che invitando le persone giuste e competenti il fatto di aspettarsi che tutti abbiano qualche cosa da dire ha un senso. L'argomento dei FooCamp è uno solo: il futuro delle tecnologie e anche qui invitando le persone giuste ci sono buone probabilità di restate in argomento.

In rete si discute di modifiche al format dei BarCamp: qualcuno propone una presentazione preliminare degli argomenti con votazione dei migliori e organizzazione in un programma ordinato.  Questo è esattamente il modo con il quale funzionano da sempre i congressi scientifici: call for paper e comitato di analisi, allarghiamo pure il comitato a tutti i partecipanti, ma la sostanza non cambia.

A Parigi hanno trasformati i camp in vere e proprie tavole rotonde aperte a tutti i partecipanti: hanno reinventato le open session dei congressi!  Anche qui i programmi sono in rete mesi prima.

In realtà quello che sta succedendo è che i BarCamp tendono sempre più al formato del vecchio tradizionale e usatissimo congresso, cosa resta dell'UN che precede CONFERENCE?

bob

Qualcuno in una discussione in FriendFeed ha affermato che "Il barcamp è un ottimo formato, adatto a platee ridotte di buon livello, il convegno va bene per tromboni e persone di basso livello": il che equivale a dire che il 100% dello scambio di informazioni e conoscenza scientifica verrebbe scambiata tra tromboni e persone di basso livello!

Quella di pensare di essere sempre migliori degli altri e di avere inventato sempre cose nuove è una sindrome dalla quale il popolo della rete dovrebbe guarire, se vuole cercare di essere credibile!

21 commenti:

  1. Ciao Roberto,

    a mio avviso in Italia si è male interpretato il format del barcamp, e pertanto lo si è importato in maniera errata. Il fatto di avere una conferenza dal basso, priva di organizzazione, all'estero significa che ad essere improvvisata è la location, magari non ci sono sedie, e non c'è un programma ben definito; ma le presentazioni sono ricche, sono frutto della fatica dei "relatori". Qui da noi si è invertita la cosa: ci sono location fighe, buffet, fotografi, web-tv a supporto che registrano gli interventi, e sono i contenuti degli interventi ad essere del tutto (spesso) improvvisati.

    Si è invertito il format, a mio avviso

    G.

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  2. Ciao Roberto, Guido ha preso il cuore del problema. I BarCamp sono diventati come una qualsiasi conference trasformandosi (perchè a noi italiani piace così) in Festival. Sono quasi 2 anni che si parla di "ridefinire" i camp in Italia, quasi da quando sono arrivati.
    Ho partecipato poche volte ma probabilmente il primo vero e proprio BarCamp che seguiva il format originale fu proprio quello inaugurale a Milano. Da lì in poi: tutti a caccia di sponsor (ed aziende a caccia di clienti).

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  3. Il Barcamp è l'evento migliore per tenere alla larga gli sponsor, almeno quelli di livello pari ai partecipanti :-)

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  4. Il terrore dello sponsor è proprio l'argomento da anni '70 :)

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  5. secondo me si fa troppa fatica per organizzare la forma e troppa poca fatica per dedicarsi alla sostanza.

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  6. il problema dei barcamp è che non puoi costringere una persona a parlare per forza di un determinato argomento, vista l'informalità dell'evento. quindi tutta la fatica per dedicarsi alla sostanza, per dirla alla sartoni, viene spesso vanificata. alla fine è un evento "organizzato" sul momento dai presenti e se i presenti non vogliono parlare dell'argomento prescelto lo fanno tranquillamente, senza problemi. (spero di essere stata chiara)

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  7. il primo, a Milano a settembre 2006, in effetti, fu bello. Poi, francamente... (Zena aprile 2007 discreto, ok)

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  8. Sono abbastanza d'accordo con tutti, ma credo che per versi diversi tutti i commenti tendano a dimostrare che il format si sta modificando e si sta avvicinando sempre di più a quello del normale congresso, con qualche apertura in più.
    Qualcuno un po' naif sembra credere ancora che sia una cosa nuova e diversa, ma i fatti non confermano la cosa.
    L'unico modo per fare arricchire le presentazioni è selezionare i presentatori in base alle loro competenze, fare una call for paper e scegliere quelli più interessanti.
    La deriva verso la festa è tutto sommato gradevole, a me piace molto venire a cazzeggiare facendo la mia parte di "nonno brontolone" della rete, ma se cazzeggio deve essere lo dobbiamo sapere e non fare gli intellettuali che sanno fare cose molto migliori si quanto non succeda a un congresso.
    Io ho partecipato a diversi camp con argomenti e titoli diversissimi, ma il 90% degli argomenti trattati era qualche ever green come giornalismo in rete, social, blog e giornalisti...
    Gli sponsor mi sembra siano un grande problema per tutti gli organizzatori: non ho mai ricevuto tante richieste di aiuto in quel senso come mi è successo con i vari barcamp!

    bob

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  9. sono ufficialmente d'accordo con il nonno brontolone

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  10. Facciamo che tutti quelli che vengono al barcamp pagano per organizzarlo. Solo così non ci sarà bisogno di sponsor. Ma alla fine avremo molti meno partecipanti (già ce ne sono pochi) e ancor meno barcamp. Chi paga lo spazio? Chi paga i costi organizzativi? Con lo sponsor la questione spesso si risolve, almeno in parte: non mi sembra affatto lo sponsor il problema del barcamp. Il problema è nella forma, anzi, nella forma che si fa ideologia. Non è che, poichè la forma è apparentemente più "democratica" (tutti alla pari a dire tutto) allora è necessariamente anche la migliore... mentre nel congresso, dove vige il principio di autorità, è peggiore. Questo è interpretare la realtà con gli occhi dell'ideologia.

    Anche a me piace cazzeggiare e conoscere nuove persone interessanti. Mi piace anche il fuori-brief, o perlomeno non gli sono contrario a priori: la serendipity occupa un posto d'onore nella storia della conoscenza. Sono tutti motivi per andare a un barcamp, non certo per preferirlo. Se voglio apprendere in modo mirato e strutturato vado a un congresso o a una conferenza.

    Perchè allora non ammettere apertamente che il barcamp è semplicemente un utile e sano cazzeggio condiviso? Non gli togliamo valore per questo. Semplicemente è quello che è. Come al bar, dove ci si trova a raccontarsi le reciproche esperienze.

    Cazzeggiando sensatamente ho imparato molte cose. All'università, con dei professori, altrettante (forse di più?). Sono due modi differenti di apprendere, entrambi sensati.

    Recentemente mi sono trovato a Londra, per puro caso, a una cena di italiani, tutti lì per inventare o fare qualcosa in ambito internet. E' stata interessantissima, in un clima divertente ho imparato un sacco di cose. (Per la cronaca, alla fine ognuno ha pagato la sua parte di conto.)

    Il barcamp è solo una forma, un attimo più strutturata, della cena fra amici sconosciuti. Non ci vedo nulla di male. Altrimenti mille volte meglio il congresso, che si chiami barcamp non importa.

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  11. Premesso che amo le occasioni di incontro e scambio sia quelle formali, sia quelle informali.

    Non posso che essere d'accordo circa la necessità di un lavoro di preparazione per poter garantire un buon livello degli interventi.

    Il che non significa 'censurare', ma arricchire: se si definiscono a priori dei criteri di qualità degli speech si riuscirà a creare valore sia per i relatori, sia per la platea.

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  12. Non concordo sulla selezione in base alle competenze, visto che sarebbero necessariamente competenze pregresse. Sappiamo bene quanto spesso poi i titolati dicano cose molto meno interessanti dei giovani.
    Sulla selezione in base ai contenuti, o alla sostanza, assolutamente sì. Un call for paper, con selezione dei migliori. Magari anche una selezione mista, fatta da utenti (votanti) e "organizzatori".
    E se poi somigliassero alle conferenze classiche chissenefrega, l'obiettivo è la qualità, non la novità.

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  13. come detto da Fullo in non ricordo che occasione (WordCamp o PHPday) è che spesso molti di noi e dei relatori andiamoa fare (e seguire) keynotes a cuor leggero.

    gli interventi di spessore, come quelli del primo BzaarCamp, quello di PseudoTecnico e Robin Good al secondo IN Ancona, quello con spritz e prosecco a Matera con Stefano Gorgoni (per citare alcuni che ricordo con piacere e come "stimolanti" cui ho assistito) erano invece frutto di studio e/o estrema competenza del relatore, a sua volta seguito da un pubblico capace di seguirlo o quantomeno edotto nella materia.

    Tornando a quanto proposto da Fullo, o Kurai, bisognerebbe focalizzare su un "prodotto" questi incontri ... veicolare l'energia che traiamo dall'incontrarci "tra simili", noi che spesso siamo "diluiti" in un mondo non digitale o "non nativo" del web ...

    non so se mi son spiegato o incartato, nel caso perdonatemi, son 9 ore che sto in ufficio ....

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  14. Il problema mi pare che sia l'inflazione.
    I primi barcamp vennero fuori soprattutto perché erano necessari alle persone che vi parteciparono. Ognuno aveva accumulato conoscenza ed esperienza, aveva incubato il tempo necessario ed aveva tanto da dire.
    Non puoi avere interventi interessanti per gli altri se ne fai uno ogni quindici giorni.
    Penso che abbiamo semplicemente abusato dello strumento facendo proliferare decine e decine di eventi vetrina, sostanzialmente inutili.
    Se un futuro barcamp sarà sostenuto dall'urgenza e dalla necessità, sono convinto che tornerà a funzionare alla grande.

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  15. Una volta criticasti il NanoSocial. Ora, se leggi le critiche che fai al BarCamp, sembra quasi che tu ti sia innamorato del NanoSocial. Che ne pensi? Senza ironia o flame, solo un mio commento tranquillo e pacato. Cheers.

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  16. premetto che non sono mai stato ad un barcamp..
    mi da l'idea che si basi sul concetto "se metto 11 buoni ingredienti insieme uscrià per forza un'ottima ricetta"... che poi è il modulo dell'inter ;)...
    io penso invece che se questi 11 buoni ingredienti sono usati con premeditazione ed intelligenza la ricetta che ne esce sia decisamente più buona.. che poi è il modulo del genoa ;) (detto con ironia senza offendere la fede calcistica di nessuno si intende)

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  17. Brunozzi, detto con grande pacatezza, il NanoSocial era e rimane una sonora ca(omissis)ata.
    Rassegnati.

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  18. @simone Forse non mi sono spiegato bene. Fin dal primo barcamp al quale ho partecipato ho espresso qualche dubbio sul formato sia al riguardo del fatto che debbano per forza parlare tutti che al riguardo della nascita del programma in modo non formalizzato.
    Ebbene io credo di percepire nei barcamp esattamente questa controtendenza. L'ultimo che ho visto aveva una prima giornata che altro non era che un normalissimo congresso, la seconda quasi: un marziano avrebbe fatto molta fatica a riconoscerlo rispetto a un qualsiasi congresso scientifico.
    Intendiamoci io penso che sia una giusta evoluzione: il sapere scientifico è del resto trasferito in questo modo da centinaia di anni con una certa efficacia.
    Il discorso sul NanoSocial era un po' diverso: io contestavo il nome mi sembra messo solo perché termine era cool e il fatto che tutti per forza parlassero perché così imparavano a parlare in pubblico senza limite di argomento.
    Certo probabilmente il nanosocial è stato il più barcamp di tutti i camp italiani.

    bob

    PS Leggo qualche sprovveduto che per motivi che mi sembrano un poco misteriosi commenta quello che si dice qui sul suo blog. Preciso che quando parlo di congresso scientifico non parlo di incontri nei quali uno parla dalla cattedra e gli altri ascoltano solo. Le tavole rotonde e le open session dove di fatto si possono iscrivere a parlare tutti, purché in argomento, sono state inventate quando ancora di rete nemmeno si parlava e funzionano benissimo. Capisco che non tutti frequentano congressi veri, ma ci si può informare!

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  19. Mah, io non ne so' granche'... sono stato solo all'opencamp, zenacamp, vlogcamp; 2007. Poi ho smesso perche' non ne valeva la pena; poca autodisciplina li trasforma in normalissimi congressi-vetrina. Dal mio punto di vista il motivo per cui l'unica cosa spontanea della nonconferenza e' quella a scarrocciare verso la conferenza, e'... l'assenza di discussione, spesso per assenza di contenuti tecnici. Se non c'e' discussione il format barcamp e' inutile; servono solo relatori. Per esserci discussione pero' deve esserci una sostanza tecnica da discutere; se cioe' sono solo chiacchiere... "progetti"... magari "progetti 2.0"... di cosa vuoi discutere? Non c'e' tecnica; non c'e' nulla di cui discutere; sono solo showroom (eventi per markette; location fighe, buffet, fotografi maaaaaa... niente contenuti). E' ovvio che non ci sia discussione; che non serva il barcamp. A me e' capitato di rivolgere 2-3 domande di seguito allo stesso "Relatore di Progetto" il quale se alla prima domanda sorrideva dignitosamente, arrivava alla terza che mi imbruttiva incarognito... e' chiaro che cosi' non serve a nulla che io prenda la parola, e analogamente per chiunque. Se il massimo del concetto di condivisione dei realtori (e quindi i partecipanti; dunque il mood dell'evento in se') e' sorbirmi ore e ore di ricorsione sulle chiacchiere orali che descrivono le chiacchiere che ha scritto nei mesi precedenti, al fine di diventare un tuo utente... diamine... non voglio condividere nulla! Ti prego, lasciami in pace! Meglio uno shottino di guttalax! Altro che Barcamp.

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  20. sono arrivata clamorosamente tardi a questo post, ma mi trova assolutamente d'accordo, le facce sono spesso le stesse che dicono sempre le stesse cose, tante chiacchiare e poche idee concrete...giusto bob.
    I buoni vecchi convegni possono essere ancora validi, non credo sia sbagliata la formula...è la comunicazione dei relatori che non è più adeguata.
    In streaming ieri ho seguito Negroponte dalla UCLA per il 40th birthday Internet, andava avanti e indietro cambiava il tono della voce partecipava con il corpo... e coinvolgeva.
    Mi domando: perchè si sottovaluta la formazione della comunicazione, perchè non ci si pone il problema sul come farla, a chi si rivolgerà e soprattutto con quali obiettivi.

    Sul fatto poi che non tutti abbiano qualcosa di interessante da dire sono d'accordissimo, infatti di solito sto zitta ma troppe volte rimango ultimamente rimango delusa.

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