domenica, ottobre 07, 2007

Non ci serve un codice etico, serve un comportamento etico.

Si è riaccesa la polemica sulla necessità o meno di un codice etico per i blogger, resto del parere che sia del tutto inutile.
Quello che serve non è un codice etico, ma un comportamento etico!

Mafe in un recente post di Maestrini per caso ha sentito l'esigenza di dichiarare in pubblico il suo codice personale di comportamento non solo sul suo blog, ma in genere quando si presenta come persona nota al pubblico per la sue esperienza in rete.

In un primo momento francamente non ho capito bene i motivi di quella esternazione, ma poi leggendo nei commenti Mafe stessa dichiara, mi sembra di ricordare anche se non ho voglia di riscorrere tutti i commenti, di averlo fatto perché qualcuno le ha offerto del denaro per parlare in modo positivo di qualche cosa.

Ebbene se io avessi dovuto scrivere un post sulla mia etica tutte le volte che qualcuno da quando alla fine degli anni settanta collaborai alla nascita di Bit, la prima rivista italiana sulla informatica personale, ha cercato di influenzare quello che scrivevo di codici etici ne avrei dovuti scrivere centinaia.

Pur capendo chi come Mafe sente la esigenza di farlo non credo pubblicherò mai nulla di simile: io penso molto seriamente che l'etica personale più che dichiarata vada praticata.

Scrivo sulla carta stampata da quasi qurantant'anni e francamente non credo che il problema sia essere più o meno coccolati dalle società delle quali si parla, il problema è dimostrare nei fatti che non ci si lascia influenzare da questo, ma si mantiene la capacità di illustrare le cose per come veramente in coscienza si credono giuste e corrette. Personalmente sono stato spesso ospite negli ultimi anni di Microsoft a Redmond e quando ho bisogno un pacchetto lo chiedo all'ufficio stampa, ma questo non mi ha mai impedito di dare giudizi negativi, quando lo ritenevo giusto, sui prodotti di Bill.

Ben altri sono i comportamenti non etici. Tanto per fare un esempio qualche volta si trovano in giro articoli scritti da qualcuno che parla di iniziative nella quali è coinvolto come imprenditore, ma si dimentica di dirlo.

La moda del Codice etico è da qualche tempo scoppiata nelle aziende per motivi che credo siano molto meno nobili di quanto si possa credere. Ho lavorato per trent'anni dando le regole etiche per scontate, il fatto di scriverle, di renderle pubbliche e di farle spesso firmare ai propri dipendenti è il non permettere, in caso di contestazioni, ai propri dipendenti di tirarsi fuori affermando che non sapeva che quel determinato comportamento potesse essere censurabile.

Credo che la lettura dei commenti al post di Mafe sia interessante a patto di depurarla dagli attacchi un poco sterili che hanno tutto il sapore di essere mossi da un certo livello di invidia nei confronti di chi sulla rete ha avuto successo. Fabio, inossidabile polemista, muove attacchi un po' strani: sembra che per lui sia un grande problema se a un convegno chi parla di rete è un radiologo, personalmente tendo a considerare molto più importante giudicare quello che uno dice senza dare troppa importanza a titoli accademici e nobiliari!

Sembra ci sia una diffusa avversione per i blogger che ricevono un compenso per il loro lavoro, la cosa è molto strana perché nessuno si straccia le vesti perché un giornalista viene pagato. Personalmente sto per riprendere, dopo il cambio di editore, ad occuparmi del blog della rivista PCMagazine cosa per la quale riceverò un compenso: la cosa mi sembra logica visto che si tratta del blog di una impresa commerciale con tanto di pubblicità e l'etica del mio comportamento non si sposterò di un millimetro da quella che uso nel mio blog personale.

Maurizio è fortemente convinto che serva un codice etico, rispetto la sua convinzione, ma leggendo quello che scrive:
La reputazione è un asset molto importante e come tale deve essere alimentata e salvagaurdata, soprattutto per chi utilizza il proprio blog come strumento relazionale e per comunicare i propri valori professionali.
mi viene spontaneo chiedere come mai consideri il codice etico importante soprattutto per chi utilizza il blog a fini professionali: francamente tra un blog professionale e un blog sulle migliori ricette per la cucina della trippa non vedo alcuna differenza per quanto attiene ai doveri etici!

Credo si sia fatta anche una certa confusione tra l'accezione dei termini "condividere" e "rendere pubblico"
Si me lo devi spiegare. Condiviso vuol dire reso pubblico, messo a disposizione, è ovvio che rimane sempre personale.
In questo caso la differenza è enorme: rendere pubblico vuole dire che lo faccio conoscere a tutti, se due blog condividono un codice etico vuole dire che usano lo stesso codice.

Il Mein Kampf di Hitler è un volume i cui contenuti sono stati resi pubblici, da qui a condividerli per fortuna ce ne passa!

bob

11 commenti:

  1. Io ritengo che chi abbia un blog professionale fa bene a pubblicare un codice etico a scanso di equivoci, ma non è una regola uguale per tutti. Qualcuno può non ritenerlo indispensabile. Non vendere il proprio blog non è marketing è meretricio. Questo è deplorevole sempre. Il problema nasce quando non si è trasparenti. Se io dichiaro che lavoro per la ditta xy, non ci sono problemi, la gente che lo sa è informata. Nel caso del blog di Mafe nessuno pensa che lei svenda il proprio blog. Quello che ha provocato i commenti è quel falso moralismo della doppia linea in cui non si capisce mai dove comincia il blog aziendale e dove finisce quello privato. Ognuno fa quello che vuole, è ovvio, ma vedi che quando non si chiarisce, saltano fuori i dubbi. I comportamenti etici li possono giudicare i tuoi lettori fedeli, ma quelli occasionali, credo abbiano necessità di sapere il posto in cui si trovano. Tu non avrai mai problemi, per come hai impostato "la tua linea editoriale" chi invece usa il doppio binario della comunicazione invece si. Per queste ragioni ho ritenuto saggio da parte di Mafe la pubblicazione del codice, perchè lei in passato è stata molto poco chiara a mio avviso e non coerente, ma sembra che altri l'abbiano pensato, visto il putiferio che si è scatenato.
    In molti casi ci serve il codice etico, serve eccome.

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  2. Rileggendo il tuo post ho dimenticato di chiarire un altro aspetto importante. Se tu collabori con tante riviste e hai un tuo blog personale, la gente è perfettamente in grado di comprendere le diverse linee editoriali. Chi si occupa di marketing oggi purtroppo deve chiarire, perchè a causa degli eccessi di un marketing predatorio, di una pubblicità invasiva e urlata la gente confonde le pubbliche relazioni con le adescatrici, il marketing con le markette. Chi opera professionalmente in modo etico ha il dovere di chiarire, per colpa di chi invece non lo ha fatto. Oggi il marketing non gode di una buona reputazione, noi abbiamo quindi il dovere che invece ci può essere un marketing sostenibile ed una comunicazione etica. Ora capisci perchè da tanto tempo scrivo che economia e etica non debbano essere più due elementi separati. Si chiarisce sempre quando è necessario farlo. Noi facciamo marketing, non markette.

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  3. condivido quasi in tutto, caro Bob, ma per me è importante anche chi dice una cosa, e quando, non solo che e perché. Intendo il suo profilo, ovviamente, non i titoli ecc. (anche se su temi specifici contano anche quelli).

    Ti faccio un esempio: se un laico (e non impegnato -- per la mia morale, ovviamente) mi dice che va regolarmente a donne non batto ciglio, se me lo dice un prete cattolico batto tutte e due le ciglia! Mi sembra assai poco coerente e, come tale, non accetterei prediche.

    Per me l'esempio personale è importante, la coerenza di quello che fai e proclami con chi sei, il tuo ruolo, quello che hai scelto di fare.

    Se sei un gran figlio di mignotta (mi perdoni l'espressione? altrimenti cambiala no problem) in privato non ho alcuna voglia di fidarmi di te neanche nel settore pubblico. Non parlo di caratteraccio, ovvio, parlo di gente per es che manca di pagare gli alimenti ai figli, pur potendo e dovendo, che maltratta la moglie ecc. ecc.

    ciao carissimo:)

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  4. Roberto, che io sia etica o no, come dici tu, si evince da come mi comporto, non da quello che dico.

    Ho voluto solo chiarire che Maestrini è un blog personale e privato, non professionale (vedi anche il dubbio che solleva Maurizio in questo commento) e cercare di evitare confusioni in merito.

    Non penso proprio di proporre un codice etico, anche perché un codice etico che contiene espressioni come "Non prendetemi sul serio" sarebbe alquanto cialtrone ;-)

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  5. Quello che ho sempre contestato a Mafe è la mancanza di chiarezza. Lei fino a ieri non credeva necessario un codice, oggi lo ha redatto. Adesso non ci saranno più problemi. Questo è il punto.

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  6. Chiamiamolo come vogliamo, non sarà un codice, ma è comunque una dichiarazione di intenti e in certi contesti lo trovo indispensabile.

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  7. Su una cosa ho sbagliato, avevi ragione tu. Condividere e rendere pubblico sono due concetti diversi.

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  8. Il nodo, scorsoio, del dibattito riguarda le modalità della condivisione e del rendere pubblico. Cosa significa questo? Per me, ovviamente.
    Mettiamo (ipotesi) che un ladro decida di rubare a casa mia: non ci sono problemi.
    Basta che me lo dica, democratica e per niente materialista, io applico la formula "chiavi in mano", cioè "entri con le chiavi, rubi quello che ti serve, e poi, cortesemente richiudi la porta e lasci le chiavi al mio vicino di pianerottolo", sempre che io non sia in casa, a quel punto il problema della restituzione delle chiavi non si pone.
    Quindi il codice etico deve essere scritto da tutti.
    Non sono certo quel tipo di donna che scopa la polvere sotto il tappeto,
    Edith

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  9. Edith hai ragione!
    Bisogna anche rivedere la definizione di proprietà, io ad esempio sono per il cohousing, è così moderno!
    Cohousing, non bordello,
    NiCkY

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  10. Vivendo a Lampedusa, non riesco ancora a comprendere come mai i milanesi si siano così irrigiditi rispetto alla crocefissione che simboleggia lo stupro.
    Sarà freudiano?
    Penso proprio di sì,
    Marta

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  11. Sarà che con il mio uomo io camminavo in città mano nella mano, a Roma come ovunque.
    Quindi per me, no problem ragazze,
    Edith

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